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Ferdinando Brancaleone

Libere riflessioni sulla Dialettica del Noûs


Mi è capitato di rileggere, giorni fa, alcune considerazioni di Tullio Carere-Comes (tra cui specialmente quella di seguito riportata), che hanno stimolato in me una serie di molteplici “riflessioni”:

Tommaso d’Aquino … non era prigioniero degli schemi della sua scuola … era sempre aperto agli stimoli intellettuali che gli giungevano da ogni parte …

Questa sua apertura era la conseguenza di quella che Tommaso considerava la facoltà primaria dell’intelletto, la capacità di fare ogni volta tabula rasa, sospendendo tutti i presupposti noti per accostarsi con la mente sgombra a ogni nuova esperienza, potendo così cogliere in ciascuna l’elemento di novità, senza ridurlo al già noto

Fare tabula-rasa, per sospendere-i-presupposti (noti ed acquisiti) con mente sgombra ed accostarsi al nuovo, senza ridurlo al già-noto: questa, una delle facoltà primarie del Noûs. Sospendere-i-presupposti, per non restarne intrappolati!

Fondamento del sapere-di-non-sapere socratico e della Epoché di Husserl.

Eppure (lo diceva già Nietzsche e, con lui, Heidegger e, poi, Gadamer) i “presupposti” (derivati da “realtà consensuale”, “cultura” ed “esperienza personale”) risultano inevitabili, se non (addirittura!) necessari.

Sempre ed ineluttabilmente presenti ed attivi.

Non si dà atto-autenticamente-esistentivo che non “pre-veda” (e necessiti di) pre-comprensione.

E, quindi, di pre-supposti.

Caratteristica primaria e peculiare (potentia) del Noûs consiste nella capacità-di-mettere-alla-prova (e non, certo, di illusoriamente eliminare!) i pre-supposti.

Potentia” che (se attuata: posta-in-atto) mette in grado di vagliare, correggere, arricchire l’ambito della pre-comprensione.

Correzione” ed “arricchimento” che permettono di tornare-al-noto-in-maniera-rinnovata (“rinnovamento”, a sua volta, da mettere sempre e di nuovo alla prova!).

Così “funziona” il Circolo Ermeneutico: processo “circolare-a-spirale” che fonda ogni atto (autenticamente ed esistentivamente umano) “illuminato” dal Noûs. In uno scambio fecondo (e, appunto, “circolare”) tra il già-conosciuto ed il da-conoscersi-ancora, tra il già-vissuto e l’ancora-da-vivere. Attraverso la “facoltà noetica” di saper-prendere-le-distanze, per cogliere ciò che ogni “esperienza” contiene di originale, senza ridurlo al già-noto e per progredire-costantemente-verso-l’ignoto.

Ma in fondo … non si tratta (forse) del “circolo dialettico” (già individuato da Aristotele) tra Noèsi e Dia-noèsi ?

Che è come dire: tra Intuizione e Argomentazione ? Tra Intelletto e Ragione?

Non è forse il Noûs che, nell’Uomo, costituisce la facoltà di intuire-argomentare e (dialetticamente) di argomentare-intuire?

Partiamo dall’intuire (intus-ire), che a me piace “accostare” all’intus-legere dell’Intelletto (il “Noûs” aristotelico, che fa dell’Uomo un essere “specifico” e “peculiare).

Intuizione che origina da visione-immediata (non-mediata) e che ha funzione-conoscitivo-creativa.

Intuizione che risulta così “essenziale” nella Scienza come nell’Arte!

Certamente, tanto la Scienza quanto l’Arte hanno costituito (e costituiscono), per l’Uomo, un impegno nei confronti della “verità” e della “realtà”.

Impegno a cui lo Scienziato e l’Artista assolvono in modi diversi. Facendo appello a facoltà noetiche peculiari (anche se inter-correlate).

La Scienziato, senza rinunciare all’intuire (e come mai potrebbe?!), spiega-e-comprende (“cum-prehendere”) nella modalità della obiettività-razionalità.

Nell’Artista l’accento si sposta dal comprendere all’intuire (“intus-ire”), dallo spiegare al creare. Nella modalità dialettica che va dall’individuale all’universale.

Per lo Scienziato la forma è da “scoprire”.

Per l’Artista la forma è da “fingere” (nel significato più profondo ed autentico del temine: fingere in quanto “dare forma” a ciò che ancora non ha una sua forma determinata).

La Scienza teorizza e spiega. L’Arte intuisce e crea.

Noetico-intuitivo-creativa è la “valenza” dell’Arte.

Noetico-razionale-argomentativa quella della Scienza.

Ma il “vero” Scienziato non si affeziona alle sue teorie. E’ sempre disposto e pronto a falsificarle. Per tornare ad osservare-con-sguardo-rinnovato-e-fresco, libero da “pre-giudizi”. Sempre in vista di nuove prospettive.

Allo stesso modo, il “vero” Artista non si affeziona alle proprie intuizioni e creazioni, se non per plasmare continuamente il nuovo, che (attraverso la sua rinnovata intuizione-finzione) può venire alla luce.

Per ambedue (Scienziato ed Artista) vige sempre il movimento dialettico tra il “già-e-non-ancora” e tra il “non-ancora-e-già”.

In ogni caso, comunque, perché il Noûs possa adeguatamente manifestarsi ed esplicarsi, occorre che venga esercitata quella che già per Tommaso d’Aquino (come detto in precedenza) è la sua facoltà-principe (e paradossale!): “sapere-di-non-sapere”. E, quindi, esercitare la facoltà noetica di “sospensione” (con la disponibilità a “mettere tra parentesi”) dei i fattori di pre-comprensione (sempre e ineluttabilmente presenti in questa dimensione dell’esistenza “terrena”).

Essere in grado di liberarsi (al momento opportuno) da “memoria”, “comprensione” e “desiderio” (come affermava già Bion).

O (per dirla con Castaneda) liberarsi dalle “opacità” del Tonal, per potersi immergere (da guerrieri, sempre più liberi e puliti) nella dimensione del “mistero abbagliante” del Nagual.

Ma, per non cadere nell’illusione e nell’incanto (cui fa seguito, ineluttabilmente, un disperante e disilluso disincanto) c’è bisogno di ulteriore coraggio.

Il coraggio dell’Oltre (essenziale, profondo e continuo anelito del Noûs)!

Ma per l’Oltre occorre (anche) l’Altro!

Occorre il coraggio di essere disposti a “lasciarsi spiazzare” dall’Altro!

L’Individuo è “solo” (irrimediabilmente!).

Proprio perché “solo”, ognuno di noi (inconsapevolmente) corre sempre il rischio di confermarsi nelle proprie “convinzioni” e “visioni” e … pre-comprensioni.

Ma, se la solitudine non può mai essere (se non illusoriamente) annullata, può essere (almeno in parte) “condivisa” con l’Altro.

Il Noûs sembra permetterci e consentire (paradossalmente) di condividere-restando-soli.

Eppure l’Altro costituisce (per l’Individuo) certamente un rischio. Può essere veramente implacabile, l’Altro!

Ma costituisce anche una opportunità.

Attraverso il coraggio noetico della condivisione, del confronto e del dialogo, possiamo ricevere dall’Altro (ed, anche, offrire all’Altro) il dono di “essere spiazzati” nelle nostre (sue) “pre-comprensioni” e “pre-giudizi”.

Dono prezioso, che consente (in maniera autentica e non illusoria) di mettere in gioco il “già-acquisito”, per aprirsi (in maniera noeticamente sempre nuova e “vivace”) al “non-ancora-conseguito”.

E … forse … ne vale la pena!

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