In Principio era il Dubbio (breve riflessione filosofica)

In Principio era il Dubbio.
No, in Principio era il Logos.
Sì, ma il Dubbio è la struttura, la forma del Logos.
Il Dubbio è come Giano, il dio bifronte.
Una faccia, la più visibile, è quella del Dubbio nichilistico: il Dubbio che distrugge, che tutto divora, spacca, spazza.
Probabilmente parente di un altro dio, Crono.
Questo Dubbio è irrevocabile, irreversibile, implacabile: non puoi permetterti di non dubitare, di tutto, sempre, ma, alla fine, ti ritrovi in mano con niente.
Un niente vero: il niente come nulla, come vuoto, come assenza ontologica.
È un Dubbio duro, rigido, che ti stanca, ti sfinisce, che ti chiede di vagliare, sondare, scandagliare, senza restituirti nulla in cambio.
Questo è un Dubbio che distrugge, ma che non sa – né può – costruire.
L’altra faccia del Dubbio-Giano è quella velata, del Dubbio che accarezza, che accoglie, scruta e apre.
Probabilmente parente di un altro dio, Eros.
Questo Dubbio è perseverante, di andamento ciclico, a volte spiraliforme, non conosce la freccia del tempo, si muove nella dimensione del non-tempo.
È il Dubbio che non si impone, ma si propone: se lo vorrai abbracciare sarai tu a sceglierlo.
È il Dubbio che promette, che spera, è il Dubbio che, alla fine, non sai cosa c’è, ma sai che qualcosa c’è.
È il Dubbio fluido, mutevole inafferrabile, che ti vivifica, ti emoziona, che ti chiede di capire, di comprendere, cadere, riprovare, domandare.
Domandare.
E poi di nuovo, daccapo, ancora e ancora e ancora.
Questo è il Dubbio che crea.
Crea “in Principio”, ovvero anche ora – anzi, solo ora - non una volta per sempre, ma sempre.
È il Dubbio che era-è-sarà.
Ecco perché il Dubbio è la struttura, la forma del Logos.
Ecco perché, questo Dubbio che di tutto dubita e soprattutto dubita di sé stesso, non dubita di una cosa soltanto: di essere parente di Amore.
Ma a volte al Dubbio un dubbio si affaccia: “Sono certo parente di Amore, ma…e se fossi io stesso Amore?”.