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Valentina Tettamanti

SCELGO DUNQUE SONO


“Esistere significa ‘poter scegliere’; anzi, essere possibilità. Ma ciò non costituisce la ricchezza, bensì la miseria dell’uomo. La sua libertà di scelta non rappresenta la sua grandezza, ma il suo permanente dramma. Infatti egli si trova sempre di fronte all’alternativa di una ‘possibilità che sí’ e di una ‘possibilità che no’ senza possedere alcun criterio di scelta. E brancola nel buio, in una posizione instabile, nella permanente indecisione, senza riuscire ad orientare la propria vita, intenzionalmente, in un senso o nell’altro.”

Søren Kierkegaard

Cogito ergo sum”, afferma il famoso motto cartesiano. Mi permetto di prenderlo in prestito con una piccola modifica di carattere puramente esistenziale: “scelgo dunque sono”!

La scelta rappresenta un concetto chiave della filosofia dell’esistenza, ma non solo. All’interno del vasto panorama del cosiddetto orientamento antropologico neo-esistenziale, tale concetto diviene il fulcro della presa di consapevolezza circa l’impossibilità di non-scegliere.

L’esistenza di ogni Singolo essere umano è caratterizzata dalla costante necessità di scegliere. Dalle scelte apparentemente più banali della vita quotidiana a quelle considerate determinanti, l’uomo è costantemente obbligato a fare i conti con il concetto di scelta, anche se, spesso, non ne è totalmente consapevole.

“Ma, io posso scegliere di non scegliere!” potrebbe obbiettare qualcuno di voi, senza rendersi pienamente conto che anche scegliere di non scegliere rappresenta, a tutti gli effetti, una scelta!

E qui il dramma di cui parla Kierkegaard: la scelta come “condanna” dell’uomo ad una vita di continua indecisione e di instabilità. Egli stesso afferma che per scegliere ci vuole coraggio! Il coraggio della scelta! Quel coraggio che serve (sempre riprendendo Kierkegaard) ad orientare la propria vita, intenzionalmente.

Secondo la prospettiva clinica neo-esistenziale tale coraggio è possibile conquistarlo attraverso un percorso interiore che ci porta a prendere coscienza di alcuni fattori determinanti per riuscire a dare senso alla propria esistenza. Il primo di questi fattori è rappresentato appunto dal “dare senso”, che si contrappone al “trovare un senso”. Il trovare richiede una ricerca fuori da sé che porta l’uomo al disorientamento dato dalla fatica del non sapere dove cercare tale senso e, spesso, verso il tentativo di “aggrapparsi” a false certezze che divengono rassicuranti e che permettono, almeno in parte, di mettere a tacere quella spinta verso un’oltre, al quale ogni uomo aspira (in modo più o meno consapevole). Tale “compensazione”, spesso, non impedisce il riemergere prepotente di questo bisogno di senso.

In quanto esseri potenzialmente “illimitati” ma (per lo meno entro questa dimensione dell’esistenza) chiaramente “affetti” dal limite e dall’errore, dobbiamo fare i conti con l’impossibilità di comprensione di quel Senso (con la S maiuscola) che, in termini kantiani, possiamo definire noumeno e che risulta sfuggevole e mai totalmente raggiungibile con gli strumenti “intellettuali” in nostro possesso. Si tratta di una “dimensione altra”, che travalica la razionalità, della quale, tuttalpiù, possiamo avere “sentore” attraverso la cosiddetta capacità noetica che ci caratterizza come esseri umani.

Alla luce del fatto che, quel Senso a cui aspiriamo, non risulta da noi comprensibile (in termini di ragione), dobbiamo chiederci come fare, allora, a dare senso alla nostra esistenza.

Il dare (secondo la prospettiva neo-esistenziale) presuppone la capacità di ricercare quel senso, anziché fuori, dentro noi stessi. In tal modo ogni singolo esistente ha la possibilità di “trovare” il proprio ed unico senso che caratterizzerà la propria, unica ed irripetibile esistenza.

In quest’ottica, la capacità di dare senso implica un capovolgimento del punto di vista: l’uomo, infatti, acquisisce autonomia e “potere” nei confronti della configurazione della propria esistenza.

“Potere” che si configura come possibilità di modificare il proprio futuro attraverso lo sviluppo della capacità di ampliamento delle proprie “mappe interne”, ovvero, la capacità di elaborare una maggiore varietà di possibili strade tra cui scegliere dove indirizzare la propria esistenza. Se, ad esempio, sono costretta dalle circostanze (cioè da contingenze sulle quali non ho potere di scelta, come il tempo metereologico, una malattia, etc.) a compiere una scelta apparentemente banale, la mia capacità di inventiva mi può porre davanti ad alternative più o meno varie. Immaginiamo di avere programmato per domani una giornata al mare, sulla spiaggia, sicura che ci sarà il sole e farà caldo. Mi sveglio la mattina e mi rendo conto che piove e c’è vento. Sarò costretta a scegliere in base a cosa mi “sento” di fare quel giorno, ma anche in base alla mia capacità di elaborare valide alternative al mio programma originario.

La pioggia potrebbe scoraggiare la mia voglia di uscire e potrei decidere di rimanere a casa a riposare e guardare un film, oppure di prendere l’auto per andare a fare shopping al centro commerciale. Ma, quali altre alternative ho a disposizione? Sono in grado di ipotizzarne di nuove, oppure le modalità con cui sono solita affrontare la vita quotidiana, le abitudini radicate (spesso inconsapevolmente), pongono dei limiti a questa mia capacità?

Cosa mi impedisce, in quella stessa ipotetica giornata, di rispettare il programma originario? Ovvero quello di andare in spiaggia, anziché con il sole, con la pioggia, e godere della pioggia, danzare sotto la pioggia, osservando i colori del mare in una giornata uggiosa, sentire che odore ha, il mare, quando piove e assaporare una esperienza che non avrei mai potuto fare attenendomi a quella configurazione interna impostata secondo limiti da me stessa creati, ma che posso imparare a superare e rimodulare, attraverso un profondo lavoro su me stessa.

In questo senso noi abbiamo il potere di scegliere, ma tra cosa scegliere dipende dalla nostra capacità di ipotizzare valide, possibili alternative.

Riprendendo le parole di Kierkegaard, allora, possiamo dire che l’uomo può imparare ad orientare la propria vita, intenzionalmente, nonostante l’incertezza e la paura dell’ignoto. Ma proprio qui sta il coraggio della scelta, che ci mette nella condizione di divenire artefici del nostro futuro, attraverso la presa in considerazione di ipotesi che possono aprirci strade nuove e inaspettate, positive o negative, ma che sempre vale la pena di percorrere in quanto ci permettono di progredire lungo il cammino della conoscenza, originata, soprattutto, dall’esperienza che facciamo quando affrontiamo l’ignoto!

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