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Ferdinando Brancaleone

ROGER PENROSE. Per una “evoluzione” della Meccanica Quantistica ed un “rinnovamento” della Cosmologi


0. Roger Penrose, eminente fisico-matematico e cosmologo contemporaneo, professore emerito dell’Università di Oxford, ha tenuto, il 25 Settembre 2019, presso l’IFIN (Istituto Nazionale di Fisica Nucleare) di Frascati un Seminario sul tema “Il collasso della funzione d’onda quale soluzione all’attrito tra Relatività Generale e Meccanica Quantistica”.

Quelle che seguono intendono essere solamente semplici considerazioni e riflessioni sintetiche, originate dagli argomenti trattati da Penrose, in risposta a molteplici quesiti a lui posti in una intervista intercorsa in occasione del suddetto Seminario e registrata presso i Laboratori Nazionali di Frascati dell’IFIN.

1. Circa la possibile “conciliazione” tra Relatività Generale e Meccanica Quantistica, Penrose tende a “contestare” la comune opinione, secondo cui, essendo la Meccanica Quantistica una “teoria del piccolo” e la Relatività Generale una “teoria del grande”, la seconda (Relatività Generale) dovrebbe essere subordinata alle leggi della prima (Meccanica Quantistica).

Egli dichiara in maniera assolutamente chiara di avere un’opinione diversa. È, infatti, del parere che (come afferma esplicitamente) “… sia la Meccanica Quantistica a dover essere corretta”, in quanto essa “… non è una teoria pienamente coerente”, per cui essa si gioverebbe di un’opportuna ed adeguata “rimodulazione”, la cui realizzazione condurrebbe a quella che Penrose ama denominare col termine di “Meccanica Quantistica Gravitazionale”.

Al fine di formulare una “Teoria del Tutto” (o, con una sua espressione, “Teoria Finale”), attraverso cui la Teoria della Gravità venga coniugata con la Meccanica Quantistica, risulterebbe di estrema importanza riuscire a studiare gli “effetti” della Gravità sulla Teoria Quantistica; il che pare essere in linea con gli esperimenti relativi a quegli aspetti della Meccanica Quantistica che ancora abbisognano di migliore “spiegazione” e di più adeguata “determinazione”.

A parere di Penrose, in tale ordine di idee, nel prossimo futuro “…ci saranno esperimenti capaci di mostrare come modificare la Meccanica Quantistica per renderla coerente con la Relatività Generale. E ciò costituirà, a suo parere, “… uno sviluppo importante nel futuro”.

2. Seguendo tale linea di considerazioni, Penrose si dichiara del parere secondo cui, nel prossimo futuro, uno degli ambiti fondamentali in cui la fisica sperimentale tenderà a cambiare radicalmente la nostra visione della “realtà” sarà costituito dagli esperimenti che prendono in considerazione le “violazioni” della Meccanica Quantistica Standard.

È oggi ampiamente risaputo che, a livello microscopico, “… un qualunque oggetto che potrebbe essere in questo o quel posto, secondo la Meccanica Quantistica potrebbe essere in questo e quel posto allo stesso tempo” (il che condusse al famoso esperimento mentale del “Gatto di Schrödinger e al relativo “paradosso”, secondo cui un gatto sarebbe “vivo” e “morto” allo stesso tempo!).

Secondo Penrose, tale “paradosso” potrebbe essere “chiarito” e “risolto” da importanti e “cruciali” esperimenti nel prossimo futuro, che promettono di estendere “… la Meccanica Quantistica oltre i limiti che osserviamo oggi, mettendo in evidenza deviazioni dalla sua formulazione standard”. Ciò permetterebbe di “… cambiare il nostro punto di vista sulla Meccanica Quantistica e sulla fisica nel suo insieme”.

3. In connessione con quanto finora rilevato, una ulteriore problematica affrontata da Penrose è quella relativa alla possibilità, da parte della Meccanica Quantistica, di “spiegare” i meccanismi di funzionamento del cervello e, più specificamente della “coscienza”.

Premesso che su tale argomento - e specificamente sul tema dell’emergenza della “coscienza” - egli ha proposto già da tempo (in “collaborazione” con Stuart Hameroff) la “Teoria delle Riduzione Obiettiva Orchestrata” (Orch-Or: ORCHestrated Obiective Reduction), è da rilevare innanzitutto che, ciò che viene denominata “esperienza cosciente”, secondo Penrose, non può essere spiegata facendo ricorso alla “scienza classica”.

Anzi, la sua (come egli tiene esplicitamente a dire) è una “… idea ancora più radicale”!

Lo confermano queste sue parole: “… Credo anche che (l’emergere della “coscienza”) non possa essere spiegata dalla Meccanica Quantistica come la comprendiamo attualmente e che debba intervenire piuttosto la Meccanica Quantistica in una sua versione modificata”

Circa tale argomento penso sia opportuno riportare per esteso quanto Penrose ha dichiarato nella citata intervista rilasciata nello scorso settembre:

L’attuale Meccanica Quantistica prevede che un oggetto possa essere contemporaneamente in un luogo o in un altro. Questo non può accadere per oggetti di grandi dimensioni, e serve una teoria “oltre” la Meccanica Quantistica.

Secondo una mia proposta radicale, il modo in cui opera il cervello cosciente (sto parlando dell’esperienza cosciente) non si spiega semplicemente con l’uso della Meccanica Quantistica, ma della sua “versione estesa”, modificata affinché le cose non rimangano in due stati contemporaneamente, ma diventino improvvisamente l’uno o l’altro.

C’è bisogno, in altri termini, di “andare-oltre” la ormai classica teoria della “funzione d’onda”. O meglio (sono sue parole) è necessario formulare: “… una teoria del ‘collasso della funzione d’onda’ che ancora non esiste”.

Secondo il parere di Penrose, quindi, “… quando avremo formulato una teoria di questo tipo, potremo spiegare il funzionamento del cervello cosciente meglio di quanto sappiamo fare oggi”.

4. Nella sopra citata intervista, inoltre, alla richiesta di specificare che cosa rappresentino per lui cosiddetti “oggetti matematici”, Penrose ha sinteticamente chiarito la propria concezione della “matematica”, che ha permesso a molti (tra cui anche l’illustre scienziato e suo amico Stephen Hawking) di attribuirgli la qualifica di “platonico” (“qualifica” che egli, in verità, non disconosce affatto e che, anzi, accetta e riconosce esplicitamente).

Egli afferma, a tal proposito:

Dal mio punto di vista, gli “enti matematici” sono “reali”, nel senso del “mondo platonico” delle cose. Ad esempio, il numero 3 (tre) non è un oggetto nel “mondo reale”, è un “concetto”, che è assoluto. Nella visione platonica c’è un “mondo oggettivo”, che non è semplicemente frutto della nostra creazione, ed esiste indipendentemente da noi. Non è il mondo della “realtà fisica”, ma il mondo della “realtà matematica”.

In tale ordine di considerazioni, Penrose tiene a precisare che, se (come quasi tutti pensano) si suppone che siano stati gli “esseri coscienti” a “creare” la matematica, risulta molto difficile (se non impossibile) comprendere come siano potute esistere le “leggi della fisica” (soggette, a loro volta, alle leggi matematiche) prima che esistessero “esseri coscienti”. Ed afferma con decisione:

Come si possono creare leggi fisiche dove non ci sono esseri coscienti? Ecco perché, tornando all’antica Grecia, credo che debba esistere un mondo, il “mondo delle Idee” di Platone, in cui le Idee delle nozioni matematiche hanno una realtà propria. Non è il mondo della “realtà fisica”, ma fa riferimento alla realtà fisica e all’esperienza cosciente.

Concludendo, poi, in maniera chiara ed inequivocabile: “… Sono portato a immaginare che il ‘mondo fisico’, il ‘mondo del pensiero’ e il ‘mondo della matematica’ non siano uguali tra loro, ma si collegano l’uno all’altro in modo fondamentale”.

5. La citata intervista affronta e chiarifica, in conclusione, anche il dibattito (interessante e fruttuoso) intercorso tra Roger Penrose e Stephen Hawking sulla stimolante tematica relativa ai “buchi neri”, cui i due grandi scienziati hanno dato un considerevole contributo nell’ambito della scienza contemporanea.

Negli anni ‘60 del Novecento furono scoperti (con i radiotelescopi) i primi “Quasar” (contrazione di QUASi-stellAR radio source), che si configuravano come “nuclei galattici attivi” estremamente luminosi. La natura di tali “oggetti galattici” rimase controversa fino agli anni ’80, quando si ritenne che tale estrema luminosità fosse originata dall’attrito causato da gas e polveri che “cadono” in un buco nero supermassiccio. Essi formerebbero un “disco di accrescimento”, in grado di convertire circa la metà della massa di un oggetto in energia.

Come afferma Penrose, i Quasar “… erano molto piccoli e sembravano essere il risultato di quello che viene chiamato collasso gravitazionale. Ma – prosegue Penrose –

il concetto di collasso gravitazionale non era ben compreso”.

All’epoca c’era una teoria elaborata dai fisici russi Lifshitz e Khalatnikov, secondo la quale, quando un corpo collassa gravitazionalmente, inizia a ruotare, per poi essere scagliato nuovamente verso l’esterno. In realtà, non era chiaro se il collasso dovesse continuare o se gli oggetti dovessero uscirne nuovamente.

Penrose, all’epoca, si interessò specificamente a tale argomento, e, come egli afferma: “… usando argomentazioni generali che avevo sviluppato in altri contesti … ho capito che, se vuoi evitare di ottenere ‘energie negative’ (perché nessuno crede alle ‘energie negative’), quando il collasso raggiunge un certo punto, non c’è più ritorno, l’oggetto collassa definitivamente e forma quello che oggi chiamiamo buco nero”.

In tale evenienza si ottiene ciò che in fisica si definisce col termine di “Singolarità”:

… E, se si continua con l’equazione di Einstein e i valori di densità rimangono positivi, si ottiene uno stato di singolarità in cui la densità della curvatura dello spazio-tempo diventa infinita. E la fisica si arrende!

Ciò spinse Penrose ad elaborare un “teorema” (pubblicato poi su Physical Review Letters – una delle più prestigiose riviste internazionali di Fisica – ), esponendo i risultati dei suoi studi e delle sue ricerche in merito in alcuni Seminari, sia presso il King’s College di Londra, che a Cambridge).

In occasione di tali Seminari ebbe modo di parlarne privatamente anche con Steven Hawking (oltre che con George Ellis), esponendo le “tecniche” da lui adoperate per la “dimostrazione” dei buchi neri.

Nel periodo immediatamente successivo, afferma Penrose,

… Stephen Hawking generalizzò in seguito questi argomenti, per applicarli al Bing Bang e alla cosmologia nel suo insieme. Ne ha fatto uno sviluppo molto intelligente. In seguito ci siamo riuniti nuovamente e abbiamo sintetizzato questi argomenti in un teorema che, dopo diverse pubblicazioni di Stephen, abbiamo presentato alla Royal Society.

La pubblicazione includeva la maggior parte dei risultati che avevamo sviluppato insieme. Riguardava la cosmologia e, in particolare, il Big Bang e i buchi neri.

E conclude: “… Questa è stata la mia collaborazione con Stephen. Era la fine degli anni ’60”.

6. A questo punto, Penrose tiene a precisare la sua opinione circa l’ipotesi di Stephen Hawking, conosciuta come “Teoria dei capelli dei buchi neri”, che, a cavallo tra il XX ed il XXI secolo, ha trovato un consistente (anche se non unanime) riscontro presso i fisici ed i cosmologi.

Egli, a tal proposito, tiene a premettere che “… il contributo principale di Stephen Hawking alla teoria dei buchi neri è stato la scoperta teorica del fatto che i buchi neri irradiano”, ossia generano attorno a loro filamenti di energia simili a “capelli”.

In precedenza si pensava che i buchi neri fossero completamente “neri” e che ogni cosa vi potesse solo “cadere dentro”.

Hawking ha mostrato, combinando la teoria dei campi quantistica, la Meccanica Quantistica e la Relatività Generale, che i buchi neri emettono una radiazione molto leggera, la “radiazione di Hawking”.

Originariamente, sia Hawking che Penrose si dichiaravano convinti che in presenza di un “buco nero” tutta l’informazione venisse “inghiottita”.

In seguito, però, Hawking (come afferma testualmente Penrose) “… in occasione di una scommessa”, cambiò idea e ipotizzò che l’informazione non venisse completamente “distrutta”, ma che, “… in qualche modo questa dovesse riemergere”.

Penrose, per parte sua, rimase convinto che quella corretta fosse la prima ipotesi e non quella che Hawking (ed alcuni suoi collaboratori) propose e sviluppò attraverso la “teoria dei capelli morbidi” (“soft hair”), ipotizzando che la radiazione potesse far riemergere l’informazione.

Afferma, infatti, esplicitamente a tal proposito:

Io ero convinto che stesse sbagliando e che la sua prima idea fosse quella corretta. Ho continuato a essere in disaccordo e abbiamo avuto molte discussioni su questo argomento.

Qualcuno mi ha detto che a un certo punto ha cambiato di nuovo la sua opinione. Non ne sono sicuro.

Io penso che fosse corretta la sua prima analisi e che l’informazione nei buchi neri si distrugga. Questa è una visione in linea con il tipo di schema cosmologico che si è sviluppato in seguito.

7. Seguendo la linea di pensiero e di ricerca sopra esposta, negli ultimi anni Penrose (insieme a Vahe Gurzhadyan) ha elaborato e proposto una “innovativa” teoria cosmologica, che va sotto la denominazione di “Cosmologia Ciclica Conforme” (CCC).

In particolare nel volume “Dal Bing Bang all’eternità”, egli ipotizza che “Materia” ed “Energia” si dissolveranno; “… i buchi neri assorbiranno il restante, evaporando poi tramite la radiazione di Hawking; solo i fotoni continueranno ad esistere, senza gravità”.

Gli “scienziati d’avanguardia” contemporanei (quelli, tra di loro, che accettano il modello di Penrose)

… sostengono che il tempo si fermerà e si annulleranno le dimensioni e le distanze … l’infinitamente piccolo allora equivarrà all’infinitamente grande, e l’universo apparentemente freddo e morto … potrebbe così dare origine, per effetto dell’annullamento delle leggi fisiche precedenti, ad un nuovo Big Bang … L’attuale universo sarebbe uno degli infiniti “eoni” … che costituiscono un eterno universo”.

… Spunti, sollecitazioni, “illuminazioni” che l’Antropologia Neo-Esistenziale non può non tenere nel debito conto.

Ringraziando Roger Penrose!

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